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YTBD - Yet To Be Defined - E' un po' quello che è questo blog, si vedrà strada facendo.

Pubblicità: superare la soglia del rumore attraverso schemi e ricorrenze? Ovvero, l’unione fa la forza?

Pubblicato da Jak | Nella categoria Brand, Pensieri, Pubblicità, Un giorno scriverò un libro

E’ un po’ che non si blogga da queste parti, e siccome questa cosa mi frulla per la testa da un po’, ci sta che la versi un po’ su questo blog ( cervello > blender )

Ve le ricordate le televendite durante le puntate di Dr. House, con la voce dello stesso doppiatore del protagonista, il bastone, etc … tutto a lasciar intendere (almeno per un po’) che si trattava di una sorta di continuazione del programma, per tenere alta l’attenzione del telespettatore? E da lì poi quelle di CSI, e ormai un po’ tutte, che richiamano situazioni affini a quelle del programma contestualmente a cui vanno in onda, per ottenere attenzione (e probabilmente cercare di trasmigrare per proprietà transitiva parte della benevolenza di chi guarda dal programma e i suoi protagonisti verso il prodotto promozionato)?

L’applicazione di queste tecniche dà il segno di quanto sia sempre più difficile (e importante) riuscire a bucare la soglia del rumore, per ottenere visibilità e apprezzamento a favore di un brand.

Da Wikipedia: 

La conoscenza di marca, nel marketing, è una qualità della marca (brand). Essa è si compone di due caratteri: uno quantitativo (notorietà) e uno qualitativo (immagine di marca).

Può essere stimato con indicatori sintetici del grado di ricordo. Il limite inferiore è la completa non conoscenza della marca, ad un livello superiore si colloca il riconoscimento (o notorietà sollecitata), o ricordo aiutato, che indica la situazione in cui la domanda deve essere stimolata perché riconosca la marca. Quando la domanda ricorda le principali marche di una classe di prodotto senza bisogno di stimoli si parla di ricordo spontaneo (o notorietà spontanea). L’apice della notorietà si ha con il top of mind, cioè la domanda associa la marca alla classe di prodotto.

Premessa un po’ lunghina per arrivare a qualcosa che, probabilmente scoprendo l’acqua calda, sto notando ora come possibile “tecnica” per superare le ormai naturali difese di un (potenziale) consumatore sempre più assuefatto ad un bombardamento pubblicitario a dosaggi che avrebbero ridotto alla pazzia l’uomo della strada di un secolo fa.

L’uso di schemi e ricorrenze, al di là del singolo spot.

Mi (dis)piego nel ragionamento: il cervello umano è il principe del riconoscimento di schemi e ricorrenze. Questa innata capacità, a cui anelano calcolatori sempre più potenti e software sempre più complessi, è una dote che ci portiamo dietro, più o meno sviluppata, dai tempi dei tempi.

La nostra capacità di adattarci (ed evolverci) è attribuita, in una teoria molto interessante di Alastair Clarke (link al suo ultimo – per ora – libro), proprio alla nostra capacità di elaborare informazioni e riconoscere dei “pattern”, ovvero schemi e ricorrenze. C’è stato un momento di notorietà per questo teorico per via della sua classificazione dell’umorismo in 8 tipi ricorrenti, in quella che è stata presa per una teoria universale dell’umorismo. Al di là di questo tipo di classificazioni, quello che possiamo dare per buono è che quando il nostro cervello riconosce degli schemi, letteralmente, si illumina. Ci sono delle aree del cervello che si mettono in moto, ci avvisano che sta succedendo qualcosa, i neuroni fanno del loro meglio per ritrovare nell’enorme database del nostro cervello il come e quando questo schema è già stato incontrato, con quali altre informazioni va riassemblato, in quale cartelletta andrà archiviato, etc.. Perchè tutto ciò? Fondamentalmente, il meccanismo nasce per proteggerci.

Bacche rosse > mal di pancia, trovo nuove bacche rosse > ci penso due volte prima di mangiarle, anche se non sono identiche.

Cosa può avere a che fare tutto ciò con una tecnica pubblicitaria?

Il singolo spot, dicevamo, ormai, è rumore. Inizia la pubblicità, il cervello “stacca” (salvo “inganni” stile le televendite di cui sopra). La soglia di attenzione scende drasticamente, gli spot che si susseguono sono “rumore”. Idem alla radio, e.g. quando guidiamo, parte la pubblicità, parte anche il cervello.

Se non chè … Comunque, anche se il cervello si fa i fatti suoi (tu fatti i fatti tuoi che io mi faccio i fatti miei, oddio che ricordi … ), comunque le orecchie sentono (e nel caso di TV, gli occhi guardano). Questi “input” ci arrivano comunque, solo che sono rumore … vengono archiviati in una zona del cervello, una specie di area di transito, dove durano veramente poco, prima di venire archiviati come spazzatura.

A meno che …

A meno che, appunto, succeda qualcosa … sì, ma che cosa? Ad esempio, un secondo spot, che per contenuto, tecnica o altro, crei uno “schema” con uno degli spot precedentemente posizionati nell’area di transito.

Caso pratico, pubblicità alla radio: non stai ascoltando, ma senti n spot, tra cui quello di Brio Blu (acqua minerale) … non ci fai caso, fino a che, a distanza di 2 spot, ecco lo spot di Inblu (calzature) … entrambi a martellarti con blu, con bolle e bollicine, (lo spot di Brio Blu è un ripetere ossessivo del brand, lo spot di Inblu riprende il brano “le mille bolle blu”)  … e il tuo cervello inizia a fare il suo mestiere … di corsa a recuperare lo spot di Brio Blu, sentito pochi secondi prima, per rimettere insieme i pezzi del puzzle, verificare lo schema, la ricorrenza, il grado di somiglianza, i punti in comune, il grado di “pericolosità” di questa evenienza che ha superato la soglia del rumore.

Risultato? Ci fai caso, entrambi gli spot sono stati spostati dall’area di transito ad un’altra area del cervello, le loro chance di essere “ricordati” più a lungo salgono, insieme all’awareness dei brand promozionati. Preziosissimi “Secondi” di tempo mentale sono stati dedicati allo “schema”, quando si riascolteranno gli spot, anche singolarmente, le chance che lo schema torni in mente salgono, a vantaggio anche del brand non ascoltato in quel momento (whoa, ascolti una pubblicità, te ne ricordi due!)

Caso fortuito? E se non lo fosse? Mi sono ritrovato ad avere la sensazione che alcuni spot tra loro si somigliassero un po’ troppo … magari per lo stesso tipo di prodotto, magari per prodotti di settori merceologici completamente diversi … E’ vero, la pubblicità segue a suo modo delle mode, ma a volte le somiglianze, per “idea di fondo”, tecnica narrativa, etc. sono notevoli.

Non è qualcosa su cui mi sono soffermato a “segnare”, caso per caso, la sensazione, ma l’ho avuta, in maniera netta.

Nuove frecce quindi nell’arco dei pubblicitari? Vedremo brand diversi accordarsi per mandare in onda le proprie pubblicità in “sincrono” nei vari palinsesti? Potrebbe essere un’occasione anche per le stesse emittenti: offrire (con sovraprezzo) la possibilità di avvicinare nel palinsesto determinate pubblicità. Oppure ancora avvisare di possibili schemi due società magari ignare, dare valore al “boost di percezione e memorizzazione” dovuto a questo “effetto schema” e nel farlo cercare di vendere il proprio spazio.

Siamo nel terreno del lecito? Secondo me sì. Sfruttare questo nostro “riflesso incondizionato” nell’individuazione di pattern, costruendoli artificialmente in una comunicazione che va oltre, nel suo dispiegarsi, al singolo “spot”, senza ricorrere a “inganni”, può essere uno sviluppo interessante del mercato pubblicitario.

Si può addirittura pensare a “contaminazioni” pubblicitarie. Pensiamo a spot che, in qualche modo, costruiscano al loro interno una storia, un percorso, che passa attraverso brand diversi.

Negli Stati Uniti è già più un’abitudine, rispetto a noi, nell’uso di pubblicità comparative che fanno “allusioni” a spot della concorrenza. Ma qui si fa leva sul ricordo dell’altro spot, e si entra in altri territori.

Idem (nel senso che si tratta di un altro territorio)  se parliamo di product placement.

Acqua calda? Già si fa da mo’? Non lo so (un po’ l’ho cercata, ma non ho trovato nulla, non vuol dire che non sia là fuori) … Ma sono convinto che la pubblicità basata su questo “effetto schema” possa avere qualche chance in + … e a volte, una chance, se pur piccola, può fare la differenza …

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May 24th, 2009

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